Sono Paolo e sono nato nel 1955 in una Venezia molto povera. Allora si mangiava solo ed esclusivamente polenta bianca e pesce. Ricordo addirittura che un giorno io e mio fratello, dalla disperazione, ci mettemmo a piangere per avere un po’ di pane. La farina di grano nella Venezia di allora era cosa davvero rara. Bisognava andare a Montebelluna in bicicletta per avere la farina in cambio del sale che ricavavamo da una piccolissima salina di nostra proprietà.
Mio padre lavorava all’Italsider mentre il resto della famiglia operava in cucine di ristoranti del capoluogo veneto. Anche se la cucina non è stata da subito la passione e la professione che poi è diventata. Del mio lavoro mi piace tutto: colori, sapori, aromi e profumi.
Per fare il cuoco si deve avere grande rispetto per il cibo, non lo si può sprecare, e quando vengo al lavoro la mattina presto lo faccio con grande gioia perché vedo i ragazzi felici di ciò che preparo loro.
La grave malattia che mi ha colpito è stata la chiave di volta. Vedere la morte così vicina mi ha fatto apprezzare ancora di più la bellezza della vita e soprattutto mi ha fatto conoscere e integrarmi in questa grande famiglia. Nella mia vita sono stato uno chef anche rinomato, ma qui all’Opera ho trovato la mia vera dimensione: sono sereno, sto bene con me stesso e respiro una sana umiltà.
Approfitto del blog per ringraziare Massimo per l’umanità, l’amicizia e la generosità con cui mi accolto in questa famiglia.
Paolo Bortoletti