Mi chiamo Sulayman e non ho scelto dove nascere, quando nascere e nemmeno il colore della mia pelle. Sì, so bene che ci sono diverse culture e religioni, ma siamo tutti fratelli e figli di Dio.
Credo che l’ignoranza sia il peggiore di tutti mali: da questa nascono intolleranza e razzismo.
Io non ho avuto la possibilità di studiare in Gambia, dove sono nato, perché mio padre è morto giovane e ho cominciato a lavorare già da bambino. In Italia però ho preso la licenza media e qui ho capito che non bisogna mai generalizzare, che ogni persona ha una sua personalità, una sua sensibilità e una sua cultura.
Il mio sogno era, come per tanti ragazzi e bambini, diventare calciatore professionista, ma poi si cresce e bisogna fare i conti con la realtà. Per mantenermi ho fatto tutto quello che ho potuto, con sacrifici. Perché è giusto così. Poi, con il poco tempo che rimaneva, quando giocavo a calcio (ed ero proprio bravo, credetemi!) ero troppo stanco, così ho capito che era finito quel tempo e rimaneva solo un bel sogno. Così regalato le mie scarpe a un amico che non poteva permettersele, almeno adesso so che lui è felice quando gioca.
Sulayman Camara
(foto di Simone Martinetto)